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      DEL NOSTRO INVECE DICONO MALE QUEGLI STESSI CHE LO HANNO FONDATO, CHE NE FANNO PARTE E NE CAVANO VANTAGGIO...».
      Un governo ed uno Stato talmente esauriti potevano acquistare la fiducia di una regione, che nello Stato e nel governo da venti secoli non vedeva che nemici?
      Potevano restaurare il regno della giustizia uno Stato ed un governo di cui dicono male coloro che lo hanno fondato, ne fanno parte e ne cavano vantaggio? Tale governo e tale Stato potevano debellare lo spirito malefico della mafia? È semplicemente ridicolo il supporlo.
      Ma il governo e lo Stato che nel continente in quarant'anni di colpe e di errori d'indole generale han saputo creare nel resto del Regno una condizione di vera ostilità contro di loro, si resero impotenti e disadatti all'alta loro funzione restauratrice della giustizia con colpe ed errori speciali commessi in Sicilia, dove piú urgente e necessaria era l'opera loro.
      Il primo errore e la prima colpa furono quelli di essersi appoggiati sulle antiche classi dirigenti e sulle nuove rappresentate da una borghesia che non aveva le benemerenze intellettuali e politiche di quella francese e ch'era impastata di affarismo e di intraprendenza disonesta.
      Cosa siano intellettualmente e politicamente queste classi dirigenti siciliane lo disse nel 1893 l'on. marchese di San Giuliano – oggi ministro coll'on. Pelloux – sí che, dopo averne descritto l'incertezza e l'ignoranza, concluse con queste caratteristiche parole:
      «Queste classi diconsi dirigenti sovente come... lucus a non lucendo!


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La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi
(1860-1900)
di Napoleone Colajanni
pagine 91

   





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