Lo sappiamo già, dalle parole del Sonnino e dell'Alongi, che furono riferite per dare un'idea dei rapporti sociali sotto i Borboni, ma che erano state scritte per descrivere le condizioni presenti. Ciò che aggiunsero il generale Corsi, monsignore Carini, siciliano e bibliotecario del Vaticano – in una lettera a me diretta in un opuscolo – e parecchi altri aristocratici e borghesi illuminati e onesti, riesce a dare un quadro dalle tinte fantastiche e cupe che ha il pregio triste di corrispondere scrupolosamente colla realtà.
Questa triste realtà condusse ai moti dei Fasci nel 1893-94 ed alle loro sanguinose repressioni nelle quali cento contadini furono massacrati, parecchie migliaia feriti ed altre migliaia condannati alla galera dai Tribunali militari.
Occupandosi per l'appunto di quei moti dei Fasci – a torto giudicati come un prodotto della propaganda socialista – il senatore Malato Fardella, procuratore generale presso la Cassazione di Palermo, dall'altissimo suo seggio disse: «In questo nostro Paese, eminentemente agricolo, la classe dei contadini in particolare difetta dei mezzi piú necessari alla vita è la classe piú bistrattata, la meno compassionata, la piú misera, la piú ignorata e la piú degna quindi di speciale considerazione da parte degli uomini di cuore!»
E il comm. Sighele, Procuratore generale presso la Corte di Palermo, della stessa Palermo inaugurando l'anno giuridico 1894, riferendosi agli stessi avvenimenti constatava:
1) che le condizioni dell'oggi non sono la conseguenza di fenomeni del tutto recenti; ma hanno la loro origine in un complesso di fatti e di tradizioni e di avvenimenti, che rimontano ad epoche non vicine;
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