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      2) che sono ormai diciotto anni che un'inchiesta parlamentare constatò inutilmente lo stato vero dei contadini in Sicilia;
      3) che il contadino siciliano è perseverante, sobrio, laborioso, ma nello stesso tempo lo si è tenuto in uno stato di semibarbarie;
      4) che il contadino siciliano anche dopo acquistata la libertà e la redenzione rimase nella condizione di servo e di oppresso e la posizione sua verso il padrone è quella di vassallo a feudatario.
      5) che gli enormi latifondi, l'accentramento di vastissimi terreni in mano di pochi e le oligarchie comunali che non sempre s'inspirano a giustizia, e sopratutto i contratti agricoli aggravano questo stato di cose;
      6) che è opera altamente meritoria cercare in tutti i modi di mettere le classi agricole in condizione di RESISTERE ALLE PREPOTENZE DEI PADRONI.
      Era un altissimo magistrato che consigliava di mettere in tutti i modi i contadini in condizione di resistere alle prepotenze dei padroni... Quale strana e terribile confessione!
      Le condizioni dei lavoratori urbani erano assai migliori di quelle dei contadini; ma sempre anormali.
      L'insieme era tale che al senatore Guarnieri, nella riunione dei rappresentanti delle classi dirigenti – grandi proprietari, deputati, senatori, duchi, baroni, principi, cavalieri e commendatori – nella sala Ragona in Palermo nello stesso anno 1894, strappava quest'altra confessione: «I deplorabili moti dei Fasci – promossi da quali agitatori e da quali intenti l'Italia oggi non ignora – che sono scoppiati, non sarebbero avvenuti, o almeno non avrebbero tanto attecchito se in tutta l'Isola non regnasse il piú profondo malcontento ed universale malessere nato da lunghi anni di trista amministrazione».


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La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi
(1860-1900)
di Napoleone Colajanni
pagine 91

   





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