E il Serpi, vedendola, cominciò dal vantare le bellezze del promesso sposo, dal magnificarne le qualità politiche e morali, dal prometterle protezione ed altro e poi che si ebbe convinto che il suo panegirico non lusingava la ragazza, mutò chiave e venne alle minacce. Mostrò perduta la famiglia da nuove inquisizioni che poteva salvare lei sola coll'assentimento al proposto matrimonio.
«A questo la ragazza scoppiò in un pianto dirotto, ma non perciò si astenne dalle perseveranti parole che mostravano la sua decisa renitenza a sposare. "È bello il Palazzolo, essa diceva, pel signor Generale, ma non per me: io non posso amarlo". Ma di questo non commosso il Serpi, l'accomiatò dicendo ai genitori: "Portatela altra volta domani alla mia presenza, dopo che essa avrà meglio pensato questa notte al partito da prendere".
E la dimani il generale tornò all'opera e la giovane a maggiori torture, a pianto piú dirotto da muovere il padre ad una escandescenza della quale ecco le parole: "Ma Dio! Per far finire un processo ci deve andare di mezzo questa vittima? Ma vuole il generale che io parta? Che io venda i miei beni? Che mi uccida?". A queste parole il Serpi, rivolto alla madre, riprese: "Non credevo di essere burlato da una femminuccia, ma ve ne pentirete e se verrete per qualsiasi circostanza a picchiare la mia porta la troverete chiusa. Vi pentirete di avere dissuasa la vostra figlia dal contrarre il matrimonio da me proposto". E qui nuovo pianto della giovane e nuove escandescenze del padre, alle quali il Serpi diè termine accomiatandoli.
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