«Cosí spaventata partí la commissione, e all'ora istessa venivano in Terrasini escarcerate le altre donne ch'erano in prigione.
«Non appena arrivava in Palermo la commissione facevasi alla casa del signor Giuseppe Bruno Giordano cui la Bommarito era raccomandata, per ottenere una facilitazione a parlarle e la ottenne; ma poiché si voleva averla consegnata dall'Abbadessa del monastero per trasferirla in Favarotta, e questa si negava ad assentirvi, per la ostinazione ed il pianto della giovane, la quale diceva preferire la morte al vedersi forzata a contrarre matrimonio cui non avrebbe mai aderito, la Commissione cercò di ottenere dallo arcivescovo l'ordine di consegna; e, poiché questi non fu rinvenuto, per mezzo del dott. Pietro Cervello, essa fu presentata al vicario di lui zio, il quale, alla presenza del canonico Polito, curatore del collegio, ov'era la ragazza rinchiusa, del sacerdote Colombo, cappellano del detto monastero e di Giuseppe Bruno Giordano, intesa la pietosa ed orribile storia della violenza che si voleva usare sul paese e su di loro se non portavano la giovane alla presenza del colonnello, aderì alla richiesta, delegando al Colombo di invitare l'Abbadessa a consegnare la Bommarito allo zio e alla nonna che erano tra i componenti la commissione. E così fu fatto; la povera giovinetta per tal modo veniva strappata dalle braccia della superiora del collegio in un'onda di lagrime e, quasi per forza trasportata a Favarotta.
«Il colonnello la attendeva in Capaci, dove la ricevè alla presenza del delegato Selvaggio.
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