Egli del male constatato ne avvertì il ministro guardasigilli in ottobre 1869, come si apprese dalle lettere da lui scritte e di cui dette lettura nella Camera dei Deputati nei suoi memorabili discorsi delli 11 e 12 giugno 1875.
Si vedrà che i ministri furono conniventi coi delinquenti. Intanto arrivò il momento in cui il procuratore generale Tajani dovette iniziare procedimento penale per omicidi ed altri reati contro il Questore di Palermo, che aveva agito sempre di pieno accordo col prefetto, generale Medici. D'onde un grave conflitto tra la suprema autorità giudiziaria e le autorità politiche; nel quale il governo centrale prese le parti delle seconde e Tajani fieramente si dimise e nel Pungolo di Napoli sul finire del 1873 denunziò le infamie e le scelleratezze, che due anni dopo, nella discussione sui provvedimenti eccezionali per la Sicilia espose più dettagliatamente.
Ciò che si sa dai giornali, dall'Inchiesta del 1867 e dai discorsi di Cordova e di Depretis è un nonnulla di fronte alle rivelazioni fatte da Tajani nella Camera dei Deputati nel 1875. Queste sole rivelazioni basterebbero a spiegare il piú profondo disprezzo che si doveva sentire pel governo e la connipotenza della mafia. Esse sole bastano a lavare l'onta che si vorrebbe gettare sulla Sicilia ed a riversarla sul vero responsabile: sul governo italiano. È mio dovere riassumerle in parte e riprodurle integralmente tal'altra.
La tremenda requisitoria contro il governo italiano incominciò il giorno 11 giugno; fu interrotta per un tumulto che provocarono le proteste vivaci di Giovanni Lanza e terminò il giorno 12. Quella requisitoria condusse alla nomina di un'inchiesta parlamentare – di cui, come si sa, fu poi relatore onesto il Bonfadini – e seppellì il disegno di legge sui provvedimenti eccezionali.
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