Il maresciallo mi rispose (ed esiste la sua lettera della quale credo il Ministero abbia avuto una copia) la cattura fu eseguita; ma da Girgenti è venuto un ordine del Prefetto perché si mettesse in libertà... (Atti parlamentari, p. 4133 e 4134)».
A questo punto Giovanni Lanza domanda la parola; avviene un tumulto, si sospende ed indi si scioglie la seduta.
Diego Tajani ricomincia la requisitoria il giorno 12 giugno, (Atti parlamentari p. 4138 e seg.). Egli sin dalle prime fa apprendere alla Camera una gustosa circostanza: a difesa del prefetto di Girgenti interviene l'autorità militare; il generale Masi va da Tajani e gli dice: SIAMO STATI NOI!
E viene al clou della requisitoria:
«Il processo a carico del Questore di Palermo terminò con una sentenza della sezione di accusa col non luogo a procedere per l'insufficienza d'indizi.
«L'on. Guardasigilli ha letto o leggerà quella sentenza e mi farà la giustizia di dire che vi hanno delle sentenze di assoluzione che valgono peggio di una sentenza di condanna.
«Il Guardasigilli mi farà l'onore di non contraddirmi e potrà rilevare quando avrà comodo di leggere quel documento, come vi erano ivi sette accusati nella prima parte; un mandante e sei mandatari; che per il mandante si disse esservi insufficienza d'indizii; per i sei mandatarii si disse essere la reità provata, ma che solamente per una difficoltà della procedura la sezione di accusa della Corte di appello si credette inabilitata a rinviarli alla Assise».
(Il mandante, è bene lo ricordino gli italiani, era il Questore di Palermo – sotto la protezione del generale Medici – e i reati di cui erano accusati percorrevano tutta la gamma del Codice penale!
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