«Il primo insegnamento è questo: che la mafia, che esiste in Sicilia non è pericolosa, non è invincibile per sé, MA PERCHÈ È STRUMENTO DI GOVERNO LOCALE. Questa è la prima verità incontrastabile.
«Dippiú, come volete che quando una parte di quei ceffi rappresenta la forza pubblica, come volete che tutti i cittadini siano degli eroi, ed abbiano la forza, il carattere, il coraggio civile di deporre con piena libertà, quando sanno che questa giustizia è in una certa sua parte almeno, nella parte esecutiva rappresentata da coloro che per i primi dovrebbero essere colpiti?
«L'altro insegnamento è questo: che le leggi non funzionano completamente per la mancanza di fiducia degli amministrati dell'amministrazione!».
Fu santa, quindi, l'indignazione di Diego Tajani, che in Parlamento dopo avere svelato tante turpitudini dei funzionari di pubblica sicurezza ed anche dei magistrati conchiuse: «Bisogna persuadersi che in Sicilia quel che manca oggi è un'idea esatta della parola governo. Bisogna ricostituirla di aureola imponente, perché se non si comincia da questo, non si farà mai nulla... ». Lo stato della Sicilia, poi, sintetizzò in questa terribile apostrofe: «Noi abbiamo colà le leggi ordinarie derise, le istituzioni un'ironia, la corruzione dappertutto, il favore la regola, la giustizia l'eccezione, il delitto intronizzato nel luogo della pubblica tutela, i rei fatti giudici, giudici fatti rei ed una corte di mali interessati fatti arbitri della libertà, dell'onore, della vita dei cittadini.
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