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      Rimarrà celebre a questo proposito il discorso di Cavallotti sulle elezioni del 1866. Nei rapporti colla mafia e colla camorra il fenomeno elettorale venne lumeggiato in questa recente occasione del processo Notabartolo dalle parole e dalle gravi rivelazioni dell'on. De Felice, dell'on. principe di Scalea e dell'on. De Martino: un socialista e due conservatori. Accenno rapidamente ad alcuni episodi meno noti e caratteristici.
      Alla vigilia delle elezioni del 1890, in una notte all'improvviso, senza alcuna formalità legale furono arrestate circa MILLE persone in Palermo e dintorni. Erano accusati di essere malviventi, mafiosi. Forse lo erano e si avrebbe potuto approvare l'operazione, benché illegale; però, gli arrestati alla spicciolata senza sorpresa di alcuno venivano rimessi quasi tutti in libertà con sapiente selezione. Si mettevano in libertà quando davano affidamento di lavorare per i candidati governativi... Ecco a che cosa serviva all'autorità politica la conoscenza della mafia! Nelle elezioni generali del 1890 in una sezione del I collegio di Palermo nello scrutinio era stato letto spesso il nome di un candidato contrario al governo. Allora un ispettore di Pubblica sicurezza andò a parlare all'orecchio del presidente del seggio per fargli sapere che se si continuava di quel passo sarebbe stato mandato a domicilio coatto. Il candidato anti-ministeriale non ebbe altri voti. In quel tempo era questore di Palermo il commendatore Lucchesi, di cui lessi una lettera nella Camera dei Deputati nel 1891, colla quale declinava ogni responsabilità per gli abusi fatti dalla polizia contro il candidato prof.


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La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi
(1860-1900)
di Napoleone Colajanni
pagine 91

   





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