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      Una volta un assassino per non farsi riconoscere o per essere piú svelto nel fuggire dopo aver commesso il delitto gettò un paletot, in cui c'era una lettera che dava alla giustizia il nome del colpevole. Il paletot fu repertato; ma durante l'istruzione scomparve. Quale meraviglia se ad Altavilla scomparvero le calze insanguinate repertate all'indomani dell'assassinio Notabartolo?
      Alla Corte di Assise in qualche causa grave il Procuratore generale ricusava i giurati piú intelligenti, onesti, animosi e invece lasciava i giurati corrotti o affiliati alla mafia. Il brigantaggio fioriva nel villaggio Camaro, in Mili; i briganti trescavano colla forza pubblica e si narra di cene luculliane, nelle quali briganti ed agenti della forza banchettarono fraternamente. Cosí solo si può spiegare che una banda di briganti per piú anni potè scorazzare in campagne a cultura intensiva, ricche di case e assai popolate e vicine ad una grande città; e si spiega del pari il caso del contadino narrato in una nota precedente. Ma questo stato patologico sparí quando mandò in Messina funzionari zelanti e capaci. Fra tutti si distinse il Proc. gen. Carlo Morena, un magistrato piemontese, al quale Messina deve se la mala pianta della mafia fu svelta e distrutta.
      Il Procuratore generale Morena fu un carattere energico che aveva la coscienza del proprio dovere. Egli si propose di distruggere le associazioni a delinquere; e vi riuscì. Ed il suo metodo fu semplicissimo: colpì inesorabilmente tutti i funzionari, che non facevano il loro dovere!


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La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi
(1860-1900)
di Napoleone Colajanni
pagine 91

   





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