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Niuna cosa insomma fu da Belisario pretermessa in Italia che in ottimo capitano e valoroso cavaliero desiderar si potesse. Finalmente vinse e prese Vitige re de' goti, e menollo in Constantinopoli; poi rimandato un'altra volta in Italia, dappoi molte gran cose fatte a fermezza de l'imperio contra Totila successor di Vitige, fu revocato in Grecia per istanza di Antonia sua donna appresso Iustiniano. Né stette però la sua virtú oziosa, imperocché essendo un'altra volta rebellata l'Africa e suscitata la potenza de' vandali sotto Guntharith, che 'l nome di re si avea usurpato, Belisario la terza volta mandato in Africa, vinto e morto in battaglia Guntharith, debellò et estinse in tutto il nome e la nazione de' vandali. Partito vittorioso di Africa, come religiosissimo e grato a Dio di tutti li suoi prosperi successi, ne venne a Roma e per le mani di Vigilio allora pontefice presentò a l'altare di san Pietro una croce d'oro di peso di cento libre, tutta di preziosissime gemme adornata, ne la quale tutte le sue battaglie e gesti e vittorie erano con mirabile artificio scolpite. Due ospitali edificò in Roma, uno in via Lata e l'altro in via Flaminia, e ad Orta, cittá di Etruria, uno monasterio sotto il titolo di Santo Iuvenale, lasciando a tutti questi lochi amplissimi fondi e possessioni, de le quali si potessino li poveri e li monaci nutrire. E finalmente tornato in Constantinopoli pieno di gloria e di trionfi, lasciò la terra: uomo veramente da poter essere comparato a Marco Marcello, a Gaio Mario e a Pompeo e a qualunque altro buon romano, avendo senza alcun dubbio trapassato Lisandro spartano, Agesilao e Temistocle e qualunque altro piú famoso greco ne le loro istorie si legga.
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