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      Saziato al fine di molti danni e vergogne fatte al perfido Emanuele, tornando nel regno si scontrò ne l'armata greca e veneziana insieme congiunte, con le quali venuto a le mani, perse diciannove galee de le sue e infine a salvamento in Italia si condusse. Poi passato in Sicilia, morí a Palermo di etá di cinquantanove anni, essendone stato ventiquattro signore, e ne la chiesa maggiore di Palermo onoratamente fu sepolto ne li anni di Cristo 1154.
      Fu Roggero uomo di gran statura e grosso di persona, con volto leonino e voce rauca, in pubblico severo, in privato umanissimo, di sottile ingegno in ogni cosa, industriosoa far danari, terribile contra saracini; resse con giustizia, edificò molte chiese e palazzi e giardini, facendo molte belle opere, e per aver posseduto Puglia, Calabria e Sicilia e fatta tributaria Tunisi in Africa, portava ne la sua spada questo verso scolpito:
     
      APULUS ET CALABER, SICULUS MIHI SERVIT ET AFER.
     
      Guglielmo, secondo nel regno, ma quarto ne l'ordine de' Guglielmi, figliuolo primogenito di Roggero, a suo padre successe, e nel principio de lo stato corse ne le terre de la Chiesa e per forza d'arme occupò Benevento, Ceperano e Bauco terra di Campagna di Roma: per la qual cosa da Adriano IV allora pontefice fu escomunicato, e li sudditi assoluti da la obedienza sua. Né migliorando per questa censura ne li costumi suoi, avvenne dappo' alcuni anni che, essendo giá stato a Roma la prima volta e partito Federico Barbarossa, vennero ad Adriano pontefice alcuni ambasciatori mandati da Roberto da Sorrento principe di Capua e da Roberto d'Altavilla e da Audoino da Capua e da altri baroni di Puglia e di Calabria a pregare il pontefice che in persona volesse venire nel regno a ricevere le terre che teneva Guglielmo, perché trovaria li popoli dispostissimi a dargliele e cavare di quel regno Guglielmo, il quale in esso avaramente e tirannicamente si portava: onde Adriano, non stato due mesi, fatto tumultuariamente un esercito, si condusse a Monte Cassino e a San Germano, ove trovò molti baroni del regno che con gran gente d'arme lo aspettavano e da tutti si fece giurare fedeltá. Poi mandato innanzi a Capua Roberto principe d'essa e il conte Audoino, lui se n'andò a Benevento, ove si fece fare la fedeltá dal resto dei regnicoli di Calabria, e de' Salentini e di Puglia, che a San Germano non si erano ritrovati.


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Compendio de le istorie del Regno di Napoli
di Pandolfo Collenuccio
pagine 444

   





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