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Avea consumati per le gran spese occorse tutti li suoi denari e gioie e argenti Federico, e volendo trovare rimedio alla indigenza nella quale l'esercito si trovava, fece formare una moneta di corame, la quale aveva da un lato la sua effigie, da l'altro l'aquila imperiale, e poseli per decreto il valore di un augustano d'oro che allora valeva un fiorino e un quarto, e comandò per tutto che quella moneta di corame a quel prezzo da tutti, venditori e compratori, in quella guerra si spendesse, promettendo per pubblico editto che finita la guerra qualunque si ritrovasse avere di quelle monete e a la camera fiscale le presentasse, li faria commutare e restituire per ciascuna di esse un augustano d'oro. Tutto fu inviolabilmente osservato: manifesto esempio che non la natura ma la estimazione de li uomini e la legge, con la consuetudine e opinione, fanno il valore e il prezzo a li metalli segnati.
In questo mezzo Gregorio pontefice chiamò concilio universale a Roma contra Federico, e avendo mandato in Francia a convocare li prelati occidentali per questo effetto, tre legati, cioè messer Iacobo cardinale prenestino legato in Francia, Oddo cardinale di San Nicolò in carcere Tulliano legato in Inghilterra e Gregorio da Montelongo legato a Genova, feciono la loro commissione; et essendo per ritorno a Nizza di Provenza né potendo sicuramente venire per terra a Roma per le vie occupate da li eserciti di Federico, il papa fece che genovesi con quaranta tra navi e galee, essendo capitano di esse messer Guglielmo di Briachi, li andorno a levare per condurli a Roma.
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