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      Federico imperatore in questo mezzo si stava a piacere con falconi a Grosseto in Maremma di Siena con intenzione di riposarsi alquanto e ricrearsi in quel loco, quando li fu scoperto un trattato di alcuni baroni del regno contra la persona e stato suo. Capi del trattato erano Pandolfo da Fasanella e Iacobo da Morra, compagni ne la prodizione erano Tebaldo Francesco e Guglielmo da San Severino, Riccardo e Roberto da Fasanella, Gotfredo da Morra e Gisulfo da Mannia, e aveano con loro indotto un Andrea Cigala capitano molto amato da Federico. Et era posto l'ordine di ammazzarlo; finalmente scoperta la cosa per avviso del conte di Caserta, il quale li mandò un suo messo secreto chiamato Giovanni da Presenzano, Pandolfo e Iacobo che erano appresso l'imperatore se ne fuggirono da la corte, li altri tutti con loro seguaci occuporono due castelli in Principato, Scala e Capaccio, e in quelli si ferono forti. Li servitori, amici e soldati di Federico, che si trovorno in quel paese, subito si strinseno insieme con gran sforzo a la persecuzione de li traditori e in pochi dí ottenneno Scala: Capaccio, li stetteno dal principio di primavera sino al luglio e finalmente lo vinseno per forza, e fu saccheggiato e bruciato e li abitanti tutti grandi e piccioli mandati per il filo de le spade. Li proditori ridotti ne la rocca furono presi a man salva e de la pena, la quale secondo le leggi civili si dá a li parricidi che il padre o la madre occideno, furono puniti: imperocché cuciti in sacchi di cuoio e con ciascun di loro postovi dentro un cane, una scimia, un gallo e una vipera, furono gettati in mare, acciò che privati de l'uso di tutti li elementi, fussino ancor vivendo da quelli animali insieme inimici e per fame rabbiosi, lacerati e consunti.


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Compendio de le istorie del Regno di Napoli
di Pandolfo Collenuccio
pagine 444

   





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