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Carlo sentendo questo, partí da San Germano, e non potendo andare per Terra di Lavoro per rispetto de la torre di Capua e per la grossezza del Volturno, passò su alto al monte e per la via di Alife per aspre vie e montagne e con gran disagio di vittuaglie calò in su la valle a pie' di Benevento due miglia appresso il fiume Calore, circa l'ora di terza in dí di Venere a li 6 di febraro 1266. Come Manfredi vide li inimici, con mal consiglio deliberò far fatto d'arme, credendo fusse meglio assaltarli cosí stracchi; ché soprastando li avria vinti a man salva, perché non avevano di che vivere né per loro né per li cavalli, e le genti di Manfredi, che erano sparse in diversi lochi del regno, si sariano messe insieme con lui. Ma essendo venuta l'ora sua fatale, poco valevano li consigli; il perché passato il Calore per il ponte uscí nel piano di Santa Maria de la Grandella, in un loco chiamato la Pietra di Rossetto, dove fermato fece del suo esercito tre squadroni, in questo modo: uno fece di lombardi, toscani e todeschi di mille uomini d'arme, i quali guidava il conte Giordano d'Agnano, il secondo tutto di todeschi di mille e ducento uomini d'arme sotto governo del conte Galvano Lancia, il terzo de' saracini di Luceria e di pugliesi e d'altri regnicoli di mille e quattrocento uomini d'arme, de li quali esso Manfredi volse esser capo; oltre li fanti e arcieri saracini in gran numero.
Da l'altra parte Carlo valoroso e volonteroso di combattere fece ancor lui tre squadroni principali, ma uno partito in due, in questo modo: il primo di mille uomini d'arme francesi, guidato da messer Filippo di Monforte marescalco del campo, il secondo di mille e novecento uomini d'arme, di suoi baroni e cavalieri e di provenzali de la regina e di romani e campagnini; e questo era partito in due parti, una ne guidava il re Carlo proprio, ove portò in quel di l'insegna regale messer Guglielmo Stendardo uomo di gran valore, l'altra parte governava il conte Guido di Monforte; il terzo squadrone era di mille e ducento uomini d'arme, di francesi, borgognoni, fiammenghi e piccardi, capo di esso Roberto conte di Fiandra genero di Carlo, col suo maestro messer Egidio il Bruno conestabile di Francia.
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