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Era poi oltra questo uno squadrone di quattrocento uomini d'arme di guelfi fiorentini, capo Guido Guerra, con la loro insegna che li aveva donato Clemente pontefice, che era un'aquila rossa in campo bianco, che sopra la testa aveva un giglio rosso piccolo e ne le branche ovvero artigli aveva un serpente verde, molto bene in punto.
Ordinate le schiere cosí come avemo detto, dicesi che Manfredi contemplando l'ordine de li inimici dimandň chi erano quelli che cosí risplendeano ne l'arme: li fu detto che erano li guelfi di Toscana. Allora dimandň ove erano per lui li ghibellini, per li quali aveva giá fatto tante spese e datoli tanto favore; e non se ne mostrando né comparendo alcuno, disse che quelli guelfi in quella giornata non potevano se non vincere, volendo inferire che se rimaneva vincitore lui, lasciaria li ghibellini e favoriria la parte guelfa. Détte poi Manfredi il segno a li suoi, che gridassino Svevia.
Da la parte di Carlo il vescovo di Cosenza, legato apostolico, assolvette di colpa e di pena tutti li combattenti per Carlo, come cavalieri di Santa Chiesa e diede la benedizione al campo. Dipoi si cominciň il fatto d'arme da li primi due squadroni, todeschi e francesi. Il primo assaltatore fu il conte Giordano, e l'assalto de' todeschi fu sí potente che tolse terreno a li francesi; per la qual cosa Carlo col suo squadrone e con li guelfi, che mai da lui si partivano, ristorň li suoi, e nondimeno li todeschi stavano ancor superiori per il peso de le spade e la possanza de le persone loro.
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