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Per il che Carlo fu buttato a terra e la voce andò che l'era morto; tuttavia rilevato presto, e veduto, levò la voce: - A li stocchi, a li stocchi, a ferir cavalieri! - Onde fattisi innanzi li suoi il conte di Fiandra e messer Egidio e scontratisi col conte Giordano, il fatto d'arme fu molto crudele e stretto, e massimamente da la parte de' piccardi, i quali facevano gran strage e come avevano morto uno, lo spogliavano. Iacobo Cantelmo da l'altra parte e Giordano di Lilla e li due traditori di Federico II, fuorusciti del regno, Pandolfo da Fasanella e Roggero da San Severino, facevano aspra battaglia, in modo che la parte di Manfredi e li todeschi cominciorno ad essere ributtati. Il che vedendo Manfredi volse fare innanzi il suo squadrone, ma la maggior parte de li baroni pugliesi e regnicoli lo abbandonorno: tra li quali furono il conte de la Cerra, il conte di Caserta, il conte Galvano, per viltá e infedeltá, come è scritto, essendo gente vaga di avere nuovi signori. E chi fuggí verso Abruzzo e chi in Benevento.
Per la qual cosa Manfredi come franco signore e cavaliero, volendo piú presto morire che lasciar li suoi vilmente fuggendo, deliberò con quelli pochi che erano rimasti soccorrere. E volendosi porre l'elmetto in testa, un'aquila d'argento, la quale lui di sua mano aveva ben confitta per cimiero, li cadde sopra l'arcione d'innanzi, il che ebbe per malo augurio e disse in lingua latina: Hoc est signum Dei, cioè: Questo è segno di Dio. E nondimeno cosí senz'altro cimiero si cacciò virilmente ove la battaglia era piú stretta tra li piccardi, e francamente combattendo faceva gran prove e gran strage de li inimici.
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