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Per la qual cosa fu molto commendata la fedeltá sua da quelli signori francesi.
A Carlo in fine non parse, essendo morto escomunicato, onorar quel corpo di sepoltura regale, quantunque da molti suoi baroni ne fusse pregato; ma lo fece ponere in una fossa appresso il ponte di Benevento, ove quasi ogni soldato buttò un sasso. Ma il vescovo di Cosenza di mandato del papa lo fece cavare e seppellire fuora del regno a li confini di Campania e del regno, a la ripa del fiume detto il Verde, acciò che in Benevento, terra di Chiesa, ancor morto non stesse. Sopra la sepoltura questo epitafio li fu posto:
Hic iaceo Caroli Manfredus Marte subactus:
Caesaris haeredi non fuit urbe locus.
Sum patris ex odiis ausus confligere Petro:
Mars dedit hic mortem, mors mihi cuncta tulit.
Basterá tradurre l'effetto e la sentenza di questi versi latini in lingua e versi vulgari, ancor che il numero di essi e ogni cosa a punto non si scontri per la difficoltá del vulgare, come in molti altri ho fatto. Ma vulgarizzandoli dico in questo modo:
Manfredi dal re Carlo son qui vinto,
non in cittá sepolto, e successoredi Cesare fui pur! ma fui sospinto
dal paterno odio al bellico furore.
Pugnai con Santa Chiesa: ella piú fortemi uccise, e tutto ne portò la morte.
Questo fine infelice ebbe il re Manfredi, avendo regnato dieci anni; lasciò donna e figliuoli, i quali si salvorno in Luceria de' saracini, e dappoi alcun tempo, quando Carlo ebbe Luceria (che fu l'ultima terra ad avere) li furono dati in mano, e lui li fece morire in carcere.
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