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Erano ad Ascoli di Puglia Piero conte di Belmonte e Roggero da San Severino, condottieri di Carlo mandati in Puglia per domare i ribelli; i cornetani, sapendo che volevano venire a trovarli e vedendosi a mal termine, chiamorono aiuto da quelli baroni, che erano stati capi de la rebellione, offerendoli la terra comoda e piena di vittuaglie e il favor suo a la lor difesa. Parendo a questi baroni la terra comoda, accettorono l'invito e messisi insieme tutti li primi e migliori, tra li quali furono Roberto da Santa Sofia et Enrico Petrapalomba todesco, entrorono in Corneto, dandosi a preparare tutte le cose opportune a la difesa; come furono a tavola per cenare, levatisi li cornetani in arme, secondo l'ordine tra lor dato, li presono e legorno (eccetti alcuni pochi che fuggirno) e li presentorono nudi a li condottieri di Carlo. Furono lí presi cento e sei, de li quali cento e tre ne furono impiccati lí; li altri tre furono mandati a Melfi e lí furono decapitati. Molti simili casi e grandi esempli di crudeltá e di sevizia sostenne in quell'anno, tra la vittoria e la morte di Corradino, la Puglia e la Basilicata, in modo che non fu casa, per quanto si legge, che per robba o per sangue, lacrime e dolore non sentisse. Simili calamitá, direpzioni e incendi e ruine sentí ancora l'isola di Sicilia, tanto che in fine l'una e l'altra ben castigate e mal contente deposeno le armi e a Carlo il regno pacifico lasciorono.
Fece poi molte cavalcate Carlo a Roma e a Viterbo e in Toscana, per componere le cose de la Chiesa e de li amici suoi.
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