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Cosí tornando a Brundusio per sollecitare quello era ordinato, essendo a Foggia in Puglia, da affanno e malinconia oppresso si ammalò; e tolti li debiti sacramenti, passò di questa vita il dí settimo di febraro 1285, avendo vissuto anni cinquantasei e regnato diciannove. Il suo corpo portato a Napoli fu con regali esequie e con immensi onori ne l'Arcivescovato sepolto.
In quel tempo dui cardinali, che erano stati mandati in Sicilia da Martino IV per trattar la concordia col re Piero, non lo potendo indurre a cosa alcuna che a loro piacesse, aggravorono la escomunicazione contra il re Piero, e non solo contra lui, ma ancora contra siciliani con incredibil loro displicenza, e partirono di Sicilia. I siciliani tutti accesi d'ira, avendo in quello sentita la morte del re Carlo, corseno a le prigioni ove erano il resto de' francesi presi da Roggero, per ammazzarli, ma difendendosi virilmente i francesi, per minor fatica e pericolo misono fuoco ne le prigioni e tutti li bruciorono; convocorno poi li sindici di tutte le terre di Sicilia a giudicare Carlo principe di Salerno, che era prigione con li suoi nove compagni, ad imitazione del re Carlo quando fece giudicar Corradino. Tutti di comune concordia giudicorono che al principe Carlo si dovesse tagliar la testa, secondo aveva Carlo re suo padre giudicato il giovinetto Corradino.
Per la qual cosa la regina Constanza mandò un venere la mattina a denunciare la morte al principe, con ricordarli che dovesse provvedere a l'anima, perché il corpo, a similitudine di Corradino, bisognava mandarlo a la morte.
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