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Ma partito Enrico da Fiorenza, parendoli quella dura impresa, si condusse a Pisa e lí fece citare solennemente Roberto, il quale non essendo comparso, lo pronunziò recaduto del regno di Napoli: la qual sentenza poi in Avignone fu da Clemente V revocata e annullata, sí come ancora nel volume de le Clementine scritto si vede. Infermato poi Enrico a Bonnconvento nel contado di Siena e lí attossicato ne la eucaristia da un frate di san Domenico per opera e arte de' fiorentini (sí come la piú parte de li scrittori dicono) passò di questa vita: se bene solo Mussato da Padua, diligente scrittore de le cose di questo Enrico, di tal generazione di morte non parla.
Per la morte di Enrico, Federico levò l'esercito di Calabria e in Sicilia si ridusse, e Roberto, libero da l'inimico, mandò a l'aiuto de' lucchesi e de li altri guelfi in Toscana, contra Uguccion Fasola allora nobile capitano, Piero cognominato Tempesta, duca di Gravina, suo fratel minore di etá de li altri, con alcune poche genti, e dappo' lui Filippo quartogenito suo fratello principe di Taranto con Carlo suo figliuolo e un'altra comitiva di gente: li quali poi mal capitorno, imperocché in quella gran battaglia che l'ultimo giorno di agosto nel 1315 fu fatta a Monte Catino, ove per la parte de' ghibellini fu vincitore Uguccione predetto e Castruccio Castracane che con lui militava, Piero duca di Gravina fuggendo si annegò in certe paludi, Carlo figliuolo di Filippo fu morto e Filippo principe di Taranto fu prigione.
Et essendo poi oppressa Genova da li suoi ghibellini, li guelfi donorno la cittá a Roberto ne l'anno 1318, con questo, che la soccorresse; onde subito li mandò le genti ch'el aveva in Toscana, e lui per mare con mille e ducento combattenti e con Filippo e Giovanni suoi fratelli e molti baroni si condusse a Genova: ne la quale fu onoratamente ricevuto, e per sé e per il papa la tenne.
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