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Giunto adunque a Napoli il re Lodovico ungaro, Carlo di Durazzo, il quale si ritrovava aver le genti d'arme de la regina et era stato conscio e consenziente a la morte di Andreasso (et era opinione che ancor lui avesse avuto commercio venereo con la regina), volse farli resistenza; ma essendo vinto e preso, di commissione di Lodovico per dette cagioni li fu tagliata la testa. E lasciò dappo' sé un figliuolo giovinetto, similmente chiamato poi Carlo di Durazzo. E cosí di Napoli e di tutto il regno rimase l'Ungaro signore.
Sopragiungendo poi quella orribile pestilenza per tutta Italia (la quale ancor ne le cose spaventose in proverbio si ricorda, somigliandole a la moria del '48) de la quale diffusamente scrive Giovanni Boccaccio nel principio del suo Decamerone, Lodovico tornò in Ungaria menando con seco detto Carlo di Durazzo, non essendo stato piú che tre mesi nel reame: lasciò però a Napoli una buona e gagliarda compagnia de li suoi ungari.
Per la qual cosa Clemente VI pontefice, che era in Avignone, mosso forse per instanza de la regina Giovanna, prese cura del regno di Napoli e mandò in Italia messer Guido Lemovicense cardinale Portuense, suo congiunto, il quale in modo trattò le cose, che concluse la pace tra il re Lodovico di Ungaria e la regina Giovanna in questo modo: che la Giovanna tornasse nel regno e usasse il titolo di regina, ma Lodovico suo marito non tenesse altro titolo che principe di Taranto; e a sé riservò tutte le ragioni ch'el aveva nel regno dappoi la morte de la regina.
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