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      Per la qual cosa delibeṛ lasciare l'impresa di Ungaria; e in modo da quel tempo in poi la lascị, che de l'anno 1408 vendé per cento mila fiorini a' veneziani Giara, nonostante che inimicissima fusse di quella signoria e che da lei otto volte si fosse rebellata. Stando adunque in Giara con pensiero di lasciare l'Ungaria, ebbe avviso del reame che alcuni baroni se li erano rebellati e che facevano correrie insino a Napoli e che capi de la rebellione erano li conti di San Severino; con gran celeritá torṇ a Napoli e con buono esercito anḍ contro a' sanseverineschi e tolseli tutto lo stato, e quanti ne possette avere in mano di loro, tutti li fece morire e portare mille supplici, ancor con farne mangiare a' cani. Né altri di quella casa camporno che quelli che si trovorno fuora del reame, e che ne le mani non li vennero.
      L'anno sequente 1404 morto Bonifacio et eletto Innocenzo VII, Ladislao anḍ a Roma per indurre il popolo a darli il dominio de la terra, e ne tenne qualche occulta pratica; ma non li riuscendo, finse essere andato a fare reverenza al papa, e dimanḍ alcune grazie, tra le quali ottenne di possedere Campagna di Roma e Maremma e Ascoli de la Marca tre anni, e torṇ a Napoli. Il sequente anno per simile causa ancora venne a Roma chiamato da' Colonnesi e Savelli, ma per sedizione mossa nel popolo contra ad alcuni suoi soldati, non l'ottenne; onde tornato nel regno, come quello che sempre si diletṭ d'arme e amava le imprese, anḍ a campo a Taranto per levarlo di mano a la duchessa Maria, donna giá di Ramondello del Balzo, che insieme con li figliuoli conti di Lecce lo tenea.


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Compendio de le istorie del Regno di Napoli
di Pandolfo Collenuccio
pagine 444

   





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