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Li consiglieri in quel mezzo con notaro e testimoni subornati avevano fatto un testamento in nome de la regina, e in quello per darli colore aveano fatto molti legati, e tra li altri fingevano aver lasciato a la comunitá di Napoli, per spendere in suoi usi e bisogni, settanta mila ducati, i quali si avessino a cavare del suo tesoro, che fu trovato essere centocinquanta mila ducati o piú; poi aveano instituito erede Rainero, detto Renato, duca d'Angị, fratello di Luigi III giá detto. Con pretesto di questo testamento adunque risposeno al papa che altro re non volevano che Renato, il quale la loro regina li avea lasciato successore, e peṛ non esser necessario li mandasse quel legato, il quale loro diceano ottimamente conoscere.
Intesa per il regno l'ammonizione del papa e la risposta de li consiglieri e il testamento, o vero o falso secondo varie opinioni, de la regina, tutto il regno in parti si divise secondo le varie nature e passioni di quella nazione. Li consiglieri chiamavano Renato, altri volevano Alfonso, tra li quali principali erano Giovan Antonio da Marzano duca di Sessa, Cristoforo Gaetano conte di Fondi e Ruggiero suo fratello, uno protonotario e l'altro gran camerlengo del regno, Giovan Antonio Ursino principe di Taranto, il quale cacciato da Iacopo Caldora si ritrovava a la guardia di Capua con Minicuccio da l'Aquila per Alfonso, Francesco Pandone conte di Loreto e Antonio da Pisa detto dal Ponte ad Era. Tutti questi collegati insieme mandorno ambasciatori in Sicilia a chiamare Alfonso a la possessione del regno.
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