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      Capitano de l'armata era messer Biasio Assareto, espertissimo uomo di cose marittime, ma notaro di palazzo, che per avere avuto poco innanzi il capitanato di una galea e con quella aver preso un'altra galea e con essa Petruccio Verro corsaro famoso, aveva nome di valoroso acquistato. Era allora in Genova messer Quilico de' Franchi medico e di astrologia molto perito, il quale dimandato de l'esito e fine di quella armata, rispose in scritto secondo l'arte de l'astrologia che saria vincitrice e che il capitano de l'armata inimica saria fatto prigione.
      Alfonso, inteso l'armata inimica esser uscita di Genova, parendoli che la presenza sua dovesse, come era ragionevole, prestare ardire e favore a la vittoria, e per torre via la contenzione, la quale era giá nata, tra il re Giovanni e don Enrico suoi fratelli, che aspiravano al capitanato de l'armata; deliberò andarvi in persona. Avea in sua armata diciannove navi grosse, undici galee e una fusta: de le navi, cinque ne lasciò in porto di Gaeta a l'assedio con li ponti in terra, acciò che l'esercito terrestre e navale potessino l'uno de l'altro ai bisogni valersi; le altre quattordici insieme con le galee e con la fusta deliberò opponere a l'armata inimica. Avea con sé Alfonso gran moltitudine di uomini spagnuoli, catalani, maiorichini, siciliani e italiani, e tra essi molti uomini napolitani, chi per soldo, chi per necessitá, chi per grazia, chi per speranza di premi al suo favore venuti, oltra l'esercito di terra. Di tutti questi elesse sei mila uomini, i quali piú atti al bisogno li parse, e oltra li ordinari che vi erano, sopra l'armata con che voleva combattere li fece montare.


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Compendio de le istorie del Regno di Napoli
di Pandolfo Collenuccio
pagine 444

   





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