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'compendio-de-le-istorie-del-regno-di-napoli-di-pandolfo-collenuccio-pagt'
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La quale con grande impeto e fragore precipitata al basso, fece gran spavento, ma piú un grossissimo verrettone cacciato da una balestra da banco, il quale avendo penetrato ogni ostacolo, d'innanzi a li suoi piedi si ficcò, che troppo orribil cosa parse ad Alfonso. Il perché, vinto da la importunitá de' suoi, non vi essendo altro rimedio, fu contento prima darsi a discrezione de' genovesi, che vilmente esser loro bersaglio o annegarsi, e con lui a simil morte tanti baroni e nobili uomini, che con seco aveva, condurre.
E benché Giovanni da Isara, capitano di galea che mai si scostava da la persona del re sempre intento ad ogni bisogno, lo confortasse a smontare ne la sua galea e campare, nondimeno non volse, parendoli che partendosi lui non dovessino li suoi piú speranza alcuna avere di salute; onde che stando fermo estimava, sí come poi per effetto si vidde, che l'autoritá sua, ancor che prigion fusse, a tutti li suoi avesse a giovare. Per la qual cosa tre o quattro volte ad alta voce gridando li suoi prima che per il strepito e gridori grandi de la battaglia fussino uditi, si détte a li inimici, e per uno de li occhi de la nave Spinola, e chi scrive per un ponte messo da l'una a l'altra nave, fu dentro ricevuto, e tutti quelli che con lui erano, fatti prigioni. Furono molti, e specialmente messer Biasio, che per onore contendevano che 'l re a loro si rendesse, volendo ciascuno quella gloria; ma il re volse prima de le facoltá e nobiltá e condizione di tutti quelli che lo richiedevano intendere, poi, inteso che Iacopo Iustiniano era quello che tenea l'isola di Scio, a lui si rendette.
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