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A Lodovico fu risposto che senza denari e senza nuova condotta di uomini non si poteva mandare armata in Sicilia: messer Biasio obedí e il re con li altri prigioni furono condotti a Milano e sommamente onorati. Venuti poi a parlamento Alfonso e Filippo, il quale con ogni reverenza lo trattava, Alfonso facilmente con piú ragioni li persuase che piú sicurezza del suo stato era avere in Italia aragonesi che francesi, i quali ancora aveva a le spalle e intorno a li suoi confini, massimamente sapendo Filippo che il duca Giovan Galeazzo suo padre niuna altra ragione aveva estimato, ma del nome e potenza de' francesi sempre aveva avuto sospetto e orrore. Per la qual cosa deliberò al tutto favorirlo a l'impresa del regno; onde moltiplicando li onori con ogni splendore possibile, prima lasciò tornare in Ispagna il re di Navarra e il maestro di San Iacopo, poi fece che tutti li baroni e altri regnicoli, che lí si trovorono, giurorno fedeltá ad Alfonso: e fece venire a Milano li ambasciatori gaetani, i quali erano andati a Genova a ringraziare i genovesi de l'opera fatta per la loro liberazione, e con molte ragioni li persuase esser loro utile il darsi ad Alfonso. Dappoi rilasciò il principe di Taranto e il duca di Sessa, Iosia e Minicuccio, i quali andati nel reame concitorono ancora piú movimenti che prima contra li angioini. E poi del mese di ottobre sequente, fatto prima lega con lui, il re Alfonso con molta grazia e doni liberò e mandollo a Porto Venere, ove trovò sei navi, le quali Filippo aveva fatto armare a Genova, che lo conducessino nel reame.
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