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E per questo confortò Alfonso a far con seco tregua, ne la quale lui trattaria la pace col papa e faria che pigliaria il favore de la parte sua e lasciaria la parte angioina. Alfonso, che sapea la inimicizia del Caldora e l'autoritá e potenza che lui aveva col papa, credette facilmente al patriarca e con sommo studio con lui fece la tregua e aperse li passi.
Il patriarca liberato e partito da Salerno, trovando per via il Caldora, che per odio d'Alfonso, non per amor che li portasse, lo veniva a soccorrere, si riconciliò con lui e dimenticato de la fede data e de la cortesia di Alfonso, perfidamente ruppe la tregua, e insieme con Caldora deliberorono a tradimento pigliare il re Alfonso, che giá sicuro sotto la tregua si stava. Onde serratisi insieme li dui capitani con li loro dui eserciti, feceno in prima pigliare tutti li passi, acciò che niuno potesse portare avviso del loro disegno ad Alfonso, poi a gran giornate dí e notte cavalcando, si mosseno insieme con intenzione di giungerlo a l'improvviso e assaltarlo di notte. Un amico di Alfonso, signor di Montesarchio, detto Iacopo da la Lionessa, o per amor li portasse o pur commosso a sdegno di sí eccellente perfidia, deliberando far tutto il possibile per farla intendere ad Alfonso, scrisse dodici lettere in un modo, ne le quali tutta l'intenzione e ordine del patriarca e del Caldora significava, e a dodici messi separati, per diverse vie mandandoli, le détte, con commissione che in man propria del re le dessino e andassino volando: con pensiero che quasi impossibil fusse che tutte andassino in sinistro.
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