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Alfonso da l'altra parte informato da le spie e inteso il pericolo, per essere inferiore assai di numero, in quel mezzo che Renato e Antonio consultavano, si levò e ridussesi in loco sicuro: la qual cosa intesa da Renato e certificato ancor da fuggitivi che se avesse assaltato Alfonso, lo rompeva, si indignò contra Antonio et estimò essere stato ingannato da lui, e la vittoria per sua opera esserli stata tolta di mano, per il che, come fu a Napoli, senza piú pensarvi lo mise in prigione.
Ma nondimeno non stette molto poi Antonio, che tornando angioino si rebellò ad Alfonso; né molto stette ancora che un'altra volta fatto aragonese, tornò in grazia con lui, avendoli per tradimento fatto dare la rocca di Benevento, ove prese Foschino da Cotignola consobrino del conte Francesco Sforza, e li beneventani poi impauriti volontariamente ancor loro ad Alfonso si détteno. Espugnò poi Alfonso con le bombarde per forza Caiazza e la Padula, e col campo si fermò incontra a l'Orsara. Teneva il conte Francesco Sforza, amico di Renato, Ariano, Troia, Manfredonia e Luceria con molte altre terre in Puglia, e a la guardia di esse teneva Cesare da Martinengo e Vittorio Rangone suoi condottieri con buona compagnia. E avendo avuto Cesare ardire di uscir fuora di Troia due volte contra Alfonso, due volte fu rotto e vilmente ne la terra ributtato; onde Alfonso per forza espugnò e mise a sacco Biccaro, servata (come sempre era sua usanza) la pudicizia de le donne, e poi prese lo Pizzo e l'Orsara. Ed avendo da l'Orsara mandato verso la Marca Raimondo Caldora fratello giá di Iacopo, e Iosia e il Riccio per opporsi ad ogni aiuto che volesse mandare il conte Francesco a li suoi, Alessandro Sforza, fratel del conte, a l'improvvisa assaltolli e li ruppe e prese Raimondo: Iosia e il Riccio col fuggire si salvorono.
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