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      Renato corse al rumore a le mura; Alfonso per soccorrere quelli del torrione faceva mettere le scale, ma li uomini de la terra facilmente le offendevano, in modo che montar non si potea: onde maltrattavano quelli del torrione. Alfonso vedendo una parte del muro separata da questo ove era il rumore, che non era guardata, a quella pose le scale e fece montare uomini. Quelli del torrione giá oppressi da la moltitudine lentamente si difendevano, essendo parte feriti e parte fuor de le mura per paura gettatisi: onde era quasi Renato per recuperare il torrione, se quelli che erano montati per le scale non se li fussino con rumore presentati a le spalle, empiendo ogni cosa di paura e orrore. Per il che Renato alquanto soprastette, ma la paura allora li crescette quando vidde uno di quelli di Alfonso, che per caso avendo trovato un cavallo vuoto, sopra li era montato e contra li angioini virilmente combatteva: il che fece pensare a Renato che li inimici non per mura, ma per qualche porta fussino entrati. Tuttavia, non si perdendo d'animo, confortava li suoi a la difesa, ma crescendo la moltitudine de li aragonesi per quelli ancora che da l'acquedotto erano usciti dappoi li quaranta, e per questo vedendo li suoi impauriti, cominciò destramente a ritirarsi. Veduto poi che li aragonesi per forza avevano rotta la porta di San Gennaro e per quella li inimici entravano a furia, deposta la speranza di difesa, in Castel nuovo si ridusse, tuttavia però sempre combattendo: in modo che essendoli preso il caval per la briglia da un catalano chiamato Spegio, due o tre volte lo confortò a lasciarla, e vedendolo pur ostinato a volerlo pigliare e per questo tenere forte la briglia, li menò un fiero colpo di taglio con la spada, e la mano dal braccio li tagliò. Entrorono poi li aragonesi per la porta ancora del Mercato e per molte altre porte de le mura e senza sangue cominciorno a predare; ma entrato il re, fece subito restare il saccomanno e per la terra cavalcando in suo potere la ridusse.


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Compendio de le istorie del Regno di Napoli
di Pandolfo Collenuccio
pagine 444

   





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