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Era molto amato Ercule da li soldati, onde poi che ebbe parlato, alcuni pochi, che erano de le terre e del dominio di Fernando, si partirono, tutto il resto de la compagnia francamente li rispose loro esser disposti in ogni fortuna allegramente seguitarlo, e cosí rimaseno. Ercule con tutti loro andò a trovare il duca Giovanni d'Angiò e offerirli ogni sua opera e facultá, e fu da esso con somma letizia onoratamente ricevuto.
Per la partita di Ercule marchese da Este, li paesani, come liberati dal freno e paura che avevano di lui, diventorono angioini, e Luceria e Foggia e San Severo e Troia e Manfredonia e tutte le altre cittá e castelle di quella regione di buona voglia a Giovanni d'Angiò si détteno. Onde vedendo il principe di Taranto tanto e sí mirabil corso di vittoria, non volse piú dissimulare la malivolenza che aveva contra Fernando; ma avendo sin da la morte di Alfonso adunato a poco a poco nel suo stato tre mila cavalli, fece di quelli dui capitani, Urso Ursino e Giulio d'Acquaviva, figliuolo di Iosia, e lui con questi capitani e altri baroni suoi vicini a sua persuasione da molte bande mossono guerra a Fernando.
Fernando ne la sua tornata di Calabria in Terra di Lavoro, intesa tanta e sí subita rebellione, con gran difficoltá mèsse insieme quelle genti che aveva e andò a campo a Calvi, né potendo per la munizione del loco e per la stagione de l'inverno far li frutto alcuno, si levò da campo e tornò a Napoli, sforzandosi con ogni industria mantenere in fede quelli baroni che poteva; né fidandosi punto de la instabilitá de' regnicoli, cominciò a praticare l'aiuto di altri potentati d'Italia.
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