L'amministrazione del regno non avendo codice che desse moto, norma o ritegno alla suprema volontà, mancava quell'andar necessario per leggi che è certo cammino e progresso alla civiltà. Perciò le opere pubbliche erano poche, volgendosi a profitto dell'erario il denaro, che ben regolato regno spende per comune utilità: le sole nuove fondazioni erano di conventi, di chiese, di altri edifizi religiosi, ovvero monumenti di regio fasto. Quindi le arti, poche e meschine; una la strada, quella di Roma; piccolo e servo il traffico di mare cogli esterni, nullo quello di terra, i fiumi traboccanti, i boschi cresciuti a selvatiche foreste, l'agricoltura come primitiva, la pastorizia vagante, il popolo misero e dicrescente.
Solamente per circolo inesplicabile dell'umano intelletto risorgevano fra tanta civile miseria le lettere e le scienze, né già per cura del Governo, che in questa come nelle altre utili opere stava ozioso ed avverso, ma per accidentale (se non da Dio provveduto) simultaneo vivere d'uomini ingegnosissimi. Domenico Aulisio, Pietro Giannone, Gaetano Argento, Giovan Vincenzo Gravina, Nicola Capasso, Niccolò Cirillo e tanti che saria lungo a nominarli, nati al finire del secolo XVII, vivevano né primi decenni del secolo seguente come luce della loro età e dell'avvenire. E viveva Giovan Battista Vico, miracolo di sapienza e di fama postuma, però che, da nessuno pienamente inteso, da tutti ammirato, e coll'andar degli anni meglio scoperto e più accresciuto di onore, dimostra che in lui era forse volontaria l'oscurità, o che le sentenze del suo libro aspettano per palesarsi altri tempi ed ordine di studi più confacente alle dottrine di quello ingegno.
XV. Assai peggiori delle istituzioni civili erano le militari.
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