Venticinquemila tedeschi nelle due Sicilie si spicciolarono contro all'esercito unito di Carlo, men poderoso per numero, e senza gli aiuti de' luoghi e de' munimenti.
Nel tempo stesso il viceré mandò vicari nelle province per levar genti d'armi, accumular denari e vettovaglie, provvedere alla difesa del regno facendo guerra in ogni città o borgo: furono vicari i primi tra i nobili. Compose oltraciò la guardia civile nella città capo, e nelle maggiori del reame; formò un reggimento di Napoletani volontari o ingaggiati per cura e spese del duca di Monteleone Pignatelli; e alla fine chiamando alla milizia i prigioni e i fuggiaschi rei di delitti, pose le armi in mano a' regnicoli o buoni o tristi.
Continua prosunzione delle tirannidi! volere i soggetti, schiavi a servirle, eroi a difenderle; scordando che la natura eterna delle cose, presto o tardi, nella persona o nella discendenza, a prezzo di domìni o di sangue, fa scontare ai tiranni le praticate crudeltà sopra i popoli.
Le cose fin qui comandate dal Visconti erano inopportune o non bastevoli, ma oneste: seguirono le peggiori. Alcuni tra' nobili, che nei consigli avevano parlato liberamente a pro dello Stato, furono per suo volere, senza giudizio, senza esame, come ad innocenti si usa, confinati nella Germania: molto denaro privato deposto ne' banchi o nei tribunali per liti civili, fu incamerato dal fisco: la città, minacciata, sborsò ducati centocinquantamila. E fra tante violenze pubbliche riuscivano più odiose le cortesie agli ecclesiastici: pregati a soccorrere il Governo, chi poco diede, chi tutto negò senza patir forza o rimprovero. La viceregina, ed era inferma, si partì con la famiglia cercando ricovero in Roma.
| |
Sicilie Carlo Napoletani Monteleone Pignatelli Visconti Stato Germania Governo Roma
|