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      Nelle promesse di Filippo giurava Carlo, e soggiungeva che le discipline ecclesiastiche durerebbero con le stesse buone regole di Governo, e che nessun altro tribunale sarebbe stato aggiunto a' presenti. Così svaniva i sospetti dell'abborrita inquisizione, e secondava gl'interessi della numerosa classe dei curiali. L'editto di Filippo era del 7 febbraio dal Pardo; quello del figlio del 14 marzo da Civita Castellana.
      L'esercito spagnuolo, passata senza contrasto la frontiera del Liri, stette un giorno ad Aquino, tre a San Germano. Gli Alemanni, fermate le idee della guerra, attendevano alle sole fortezze o castelli, accrescendone le armi, le vettovaglie, i Presìdi: il conte Traun con cinquemila soldati teneva le trinciere di Mignano: il viceré, tirando dallo Stato nuovi denari, aspettava con tormentosa pazienza gli avvenimenti futuri. Quello che segui nella notte dei 30 marzo accelerò la fortuna dell'esercito spagnuolo; i precipizi dell'altro. Montanari di Sesto, piccola terra, esperti delle foreste soprastanti a Mignano, offrirono al duca d'Eboli, capo di quattromila Spagnuoli, di condurli sicuri e inosservati al fianco ed alle spalle delle linee tedesche. Accettata l'offerta, promesse le mercedi, minacciate le pene, giunsero gli Spagnuoli al disegnato luogo; e ne avvisarono il conte di Montemar, acciò ad ora prestabilita fosse assalito il campo nemico alla fronte, al fianco, alle spalle: il cannone di Montemar darebbe segno di muovere al duca d'Eboli. Ma una vedetta di Alemanni, scoprendo quelle genti, nunzia frettolosa, riferì al Traun i luoghi, i campi e il numero dei nemici maggiore del vero. Il generale tedesco, che credeva inaccessibili quei monti, ora, per nuovi esploratori, accertato delle narrate cose, disfece il campo, chiodò le gravi artiglierie, bruciò i carretti, e nella notte trasse le schiere dentro la fortezza di Capua, abbandonando, né disordini del fuggire, altri cannoni, bagagli ed attrezzi, che furono preda del duca d'Eboli, il quale, ai primi albori, viste le trincee deserte, discese dal colle e mandò al duce supremo il lieto avviso.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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