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      L'Infante, nel resto del giorno, in presenza del popolo, attese ad uccidere colombi, che nelle torri del magnifico ducal palagio nidificavano: come in Alife e in San Germano passò giorni alla caccia; non potendo le sollecitudini della guerra o le cure di regno distorlo da quel passionato diletto, il quale, invecchiato, gl'indurò il cuore, macchiò parecchie fiate le virtù di buon principe, e pur talvolta lo espose a pericolo della vita.
      Il dì seguente, 10 aprile, trasferì le stanze da Maddaloni ad Aversa, e, per consiglio, provvide alla guerra ed al regno. Fece suo luogotenente il conte di Charny per gli ordini civili della città e delle province; volle che i tribunali, per le agitazioni della guerra inoperosi, tornassero alle cure della giustizia. Mandò, con seimila soldati, il conte Marsillac ad occupar la città, disbarcare le artiglierie per gli assedi, assediare Baia e tre forti della città, stando il quarto (il Carmine) senza presidio, a porte schiuse. Altre squadre accampò nelle pianure di Sessa, per impedire a' Presìdi di Capua e Gaeta di comunicare insieme, e, correndo il paese, vettovagliarsi. E finalmente mosse contro le Puglie la scelta dell'esercito a combattere il viceré, che, avendo unite alle proprie schiere quelle del generale Caraffa e del principe Pignatelli, ed altre venute da Sicilia, altre da Trieste, campeggiava le province con ottomila soldati. Ma il duca d'Eboli, capo degli Spagnuoli, procedeva lentamente, per aspettare la espugnazione de' castelli della città, e così, minorati gl'impacci, aver pronte altre squadre ai suoi bisogni.
      Il forte di Baia, dopo breve assedio aperta la breccia, si arrese il 23 di aprile; il castello Santelmo, il 25; il castello dell'Ovo, il 2 di maggio; il Nuovo (sol perché gli assalitori, nel mezzo dell'assedio, mutata idea, investirono altra fronte) resisté più lungamente; ma pure, il 6 di maggio, abbassò le porte.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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