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      Scherniti per lungo tempo dalla fortuna, scemando di numero e di audacia, perdevansi nelle disperazioni e nel nulla; ma dalle felicità reso più molle l'orecchio de' governanti e più superbo il cuore, formarono parecchie giunte, una nella città, altre nelle provincie, chiamate d'"inconfidenza", destinate a punire per processi secreti e giudizi arbitrari i nemici del trono; disegnando con quell'alto nome alcuni miseri, e facendo di vòte speranze o sterili sospiri nemicizia e reità di Stato. Della Giunta di Napoli era giudice tra molti Bernardo Tanucci, sconvenevole officio al grado e al nome; ma le prime ambizioni sono cieche.
      I Seggi della città, invitati, come indietro ho detto, e adunati a consiglio per proporre l'abolizione di alcune imposte, grati a Carlo ed ambiziosi, pur confessando il non soffribile peso delle presenti taglie, pregavano a mantenerle; e di più a gradire gli universali sforzi nel donativo che offrivano di un milioni di ducati. Così veniva frodato il comun bene dagli affetti ed interessi di quel solo ceto che mal rappresentava l'intero reame: avvegnaché il re, per i bisogni della vicina spedizione di Sicilia, rendé grazie al consiglio, confermò le taglie, accettò il dono; e poco appresso quei medesimi Seggi imposero alla nazione gravezze nuove. I quali falli, troppo volte ripetuti, ora da' senati, ora da' consigli dei re, ora da' ministri, generarono nel popolo il desiderio di tal cosa che fosse efficace nell'avvenire ad impedirli. E questo mi è piaciuto accennare su gli inizi della mia fatica per far procedere insieme co' fatti la dimostrazione che i sociali sconvolgimenti sempre muovono da remote cagioni, crescono inosservati, e si palesano quando sono irrevocabili.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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