Nominò tanti consoli quante erano le vie del nostro commercio; raccogliendo in una legge le regole del consolato, cioè podestà e diritti verso i nazionali, obblighi e ragioni verso gli esteri. Formò un tribunale di commercio, di otto giudici, (tre magistrati, tre baroni esercitati alle materie commerciali, due commercianti) e di un presidente scelto tra i primi della nobiltà: il qual tribunale rivedeva in appello le sentenze de' consoli, decideva le gravi questioni di commercio, e perché inappellabile, era detto "supremo". Fece leggi per i fallimenti, tanto severe che si direbbero tiranniche, se non attestassero le fraudi enormi e la corruzione dei commercianti. Altro magistrato col nome di "Deputazione di Sanità" vegliava a' contagi, a' lazzaretti, a' pericoli della salute pubblica, per leggi tanto sagge quanto dava la scienza di quei tempi. Se dunque in un libro fossero state con ordine registrate le disposizioni legislative che sparsamente si leggono in molti dispacci e prammatiche, avremmo avuto un codice di commercio pieno, finito, e il vanto di precorrere di mezzo secolo gli Stati d'Europa. Carlo fondò anche un collegio detto "Nautico"; e per esso fu migliorata e prescritta la costruzione delle navi, formato il corpo de' piloti, istruiti gli artefici e i marinari. E, come altro mezzo di commercio e d'industria, chiamò gli Ebrei, tollerati ne' passati secoli, poi molestati dalla ignoranza della plebe, indi scacciati per decreto di Carlo V. L'editto di Carlo Borbone era umano ed esemplare; concedeva sicurtà, libero commercio, diritti di cittadini, domicilio prefisso nella città, non ad oltraggio come in altri regni cristiani ma per più comoda e libera dimora. Ne vennero in gran numero, con grandi ricchezze: poi dirà questa Istoria quali sorti ebbero e qual fine.
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