L'effetto delle riferite leggi fu sollecito; però che i nostri porti si frequentavano da navi straniere, e i nostri mercati da merci, ma la bandiera napoletana poco navigava nei mari altrui, per gli errori della nostra interna amministrazione. Le mercanzie nostre erano i frutti della terra, che l'annona serrava e marciva nelle cànove, ogni vento, ogni meteora facevano temere scarsezza di alcun prodotto; e s'impediva uscire le biade, gli olii, il vino, sole materie che ci abbondino. Era dunque necessità sostenere il nostro commercio col danaro; ed il Governo, ciò visto, e credendo alle fallacie della bilancia commerciale, giudicò dannoso il traffico esterno, e valevole a ristorarsene gravar la entrata delle merci con dazi esorbitanti, che registrò in alcune ordinanze, dette "tariffe doganali". Ignorava che tali dazi si pagano da', consumatori; ma presto vide crescere il prezzo delle cose, venir più caro il vivere, scemare i valori produttivi, declinare l'industria, scadere le ricchezze.
XXXII. Fra le descritte cure, Carlo, nell'anno 1738, strinse matrimonio con Amalia Walburga, figlia di Federico Augusto re di Polonia; giovinetta che non compiva quindici anni, modesta, e di costumi pura e devota. Riverita nel viaggio per la Germania, venerata dalle corti d'Italia, giunse a Portella, nostro confine, dove incontrossi al re sotto magnifico padiglione, fra pompe a lei nuove. Rallegrava i due sposi gioventù di entrambo, regno felice, cuor pio, sacro nodo, piaceri vicini ed innocenti: ella riverente e lieta, inchinò il re, che sollecito a rilevarla, col nome di sposa e di regina la strinse al seno. Venuti nella città il 22 di giugno, differirono la cerimonia dell'ingresso al 2 di luglio.
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