E non fa maraviglia che la finanza fosse mal regolata nel 1740, se a' di nostri in nessuno Stato dei più civili si vede ordinata del tutto con le regole della scienza e dell'utile universale. Frattanto il Concordato, il catasto, il senno di ' Carlo, la parsimonia del Tanucci, fecero contento il popolo e così copioso l'erario, che, soperchiando ai bisogni, bastasse a' monumenti di grandezza.
XXXVIII. Ma però che breve o interrotta suole essere la felicità di un regno, sorse nuova guerra, e per essa nuovi pericoli e maggiori spese. Sin dall'anno 1737 era morto Gian Gastone gran duca di Toscana, ultimo della casa medicea, e spenta in lui la invilita famiglia. Filippo V e Carlo re di Napoli si chiamarono eredi al trono di Toscana, nudo titolo, che non mosse alla guerra gli altri re pretendenti. Ma tre anni appresso, nel 1740, morto l'imperatore Carlo VI, si ridestò la sopita ambizione di Filippo V agli Stati di Milano, Parma e Piacenza. Elisabetta sua moglie accendeva gl'impeti del re per insazietà d'impero e per dare un trono al secondo figlio don Filippo. Era quel re di Spagna infingardo, crudelmente divoto, trascurante di Governo, vario, timido, sospettoso; ma cupido di trattar la guerra per ministri. Perciò collegarsi co' nemici della regina d'Ungheria Maria Teresa, figlia del morto imperatore Carlo VI, apprestare eserciti, spedirne in Italia, comandare al figlio re di Napoli di unire alle schiere spagnuole quanto più potesse de' suoi reami, armare e muovere numerose naviglio, spandere editti, empire del grido di guerra l'Italia e l'Europa, furono concetti di un giorno, opere di breve tempo.
Gli eserciti spagnuoli, retti dal duca di Montemar, e dodicimila Napoletani, dal duca di Castropignano, si unirono a Pesaro sotto il sommo impero del Montemar.
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