Ma non così certo era il capitano, che lento e cauto s'inoltrava così che poté Carlo giungere alla frontiera, e, trasandando i rispetti di pusillanime coscienza e le domande o preghiere del pontefice, guidar le schiere nelle terre papali. Alcuni drappelli ungheresi, altri borboniani esplorando il cammino volteggiavano; raramente o non mai combattevano.
Stando il re con buona parte dell'esercito su la strada di Valmontone, seppe dalle sue vedette vicino e potente il nemico: non erano gli ordini disposti a battaglia; non arrivate le artiglierie, le strade per recente pioggia difficili, il terreno impraticabile. Ma più potendo la necessità del presente, apprestata una fronte a trattenere gli Alemanni, sollecitava le altre schiere e le artiglierie; quando impetuoso temporale arrestò gli uni; e Carlo, in quel mezzo, volgendo cammino, ridusse gli altri tumultuariamente a Velletri, contento di accampare in luogo forte, e al nuovo giorno prender consiglio dalle posizioni del nemico e dagli eventi. Ed agli albòri del nuovo dì, mandate intorno le scolte, collocò l'esercito in ordinanza; e udito che il nemico avanzava, dispose l'animo suo e de' suoi a combattere. Apparvero sopra i monti le prime armi alemanne; ed altre ad altre succedendo, l'oste intera si spiegò in linea. Ma Lobkowitz, numerate dall'alto le schiere nemiche, vista l'asprezza del terreno, pensando che la cavalleria, suo maggior nerbo-, non potrebbe operare fra quelle valli, sentì venir manco l'ardire e pose le sue genti a campo, munito di artiglierie, impedimenti e trincere. Il re seguì l'esempio. Quella terra poco innanzi designata per dar battaglia, videsi coperta di accampamenti; e tornò lenta la guerra, sperando, come da principio, Lobkowitz né tumulti, Carlo nel tempo.
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