Quindi la Reggenza comandò che la baronìa, i magistrati, i deputati della comunità fossero in certi giorni a palazzo per riconoscere il nuovo re, e giurargli fede ed obbedienza. Tutti accorsero; e, confidando ne' ricordi del padre, nel consiglio del buon ministro, e nel prospetto di lunga pace, speravano regno mansueto e felice. Poscia il re, seguendo l'esempio de' predecessori, chiese al pontefice la investitura del Regno; e, concordata, prestò, il dì 3 febbraio del 1760, in iscritto e con la voce del cardinale Orsini suo legato, il giuramento chiamato "di omaggio e di vassallaggio al sommo pontefice; e di non procurare di essere eletto in re imperatore de' Romani, oppure re di Germania, signore della Lombardia e della Toscana; e nel caso vi fosse eletto, non vi presterebbe alcun consenso".
II. La Reggenza governava co' precetti di Carlo antichi e nuovi, perciocché da Spagna venivano comunicati al Tanucci, sotto forma di suggerimenti, e pur talvolta di comando. Il quale privato carteggio agevolò i disegni del ministro con fare i reggenti viepiù arrendevoli al suo giudizio in certe imprese disapprovate dalla coscienza; erano le libertà dalla curia romana, ossia l'affrancare l'impero dal sacerdozio, e soggettare all'impero i sacerdoti del regno; le quali ragioni di Stato si tenevano a peccato dalle anime plebee di que' reggenti: ma una servitù vincendo l'altra, prevaleva il vero o supposto comando di Carlo al tacito consiglio della coscienza. E così lo scorto Tanucci, per dispacci, ordinamenti, decisioni della Reggenza, tanto mutò dall'antico, e tante novelle relazioni e bisogni civili compose, che il re, divenuto maggiore in libera sovranità, non poteva disfare le cose fatte senza produrre all'universale danni e disordini.
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