Parecchi nobili, di condanna, furono morti; due frati gesuiti de' meglio rinomati finirono nelle carceri, e si disse per comando del marchese di Pombal, ministro potentissimo di Giuseppe: altro gesuita, Malagrida, accusato nel tribunale del Santo Uffizio, dichiarato seduttore, del popolo, perdé la vita sul palco nella città di Lisbona; e tutti dell'ordine in un giorno imbarcati, approdarono a Civitavecchia negli Stati del papa. Fu questo il primo bando a' gesuiti; venne seconda la Francia, perciocché Luigi XV, dopo brighe di corte e allettamenti della Pompadour e decreti de' Parlamenti, scacciò la Compagnia nel 1764; e tre anni appresso la sbandì dalle Spagne Carlo III, prescrivendo a' sovrani di Napoli suo figlio e di Parma suo nipote, d'imitare l'esempio.
Nel mezzo della notte, che fu del 3 di novembre del 1767, tutte le case gesuitiche del regno napoletano (monasteri o collegi) furono investite da uffiziali del re e da genti d'arme; gli usci aperti o atterrati, ogni cella sorpresa e custodita; i frati, i serventi, i discepoli adunati in una stanza dell'edifizio; i mobili sequestrati, lasciando ad ogni uomo le sole vesti; e ciò fatto, tutti in truppa scortati al porto o spiaggia più vicina ed imbarcati sopra nave che subito salpò. Né fu permesso il restare a' vecchissimi o agl'infermi; tutti partendo con moti tanto solleciti che, per dire della sola città, i gesuiti navigavano per Terracina e non ancora la prima luce del giorno 4 spuntava.
Quelle sollecitudini e quel rigore vennero dall'esempio di Madrid, o per nascondere al popolo con la sorpresa e le tenebre spettacolo pietoso e inriverente. Gli editti che nel giorno si lessero, dicevano:
Noi il re, facendo uso della suprema indipendente potestà che riconosciamo immediatamente da Dio, unita dalla sua onnipotenza inseparabilmente alla nostra sovranità, per il governo e regolamento de' nostri sudditi, vogliamo e comandiamo che la Compagnia detta di Gesù sia per sempre abolita ed esclusa perpetuamente da' nostri regni delle Sicilie
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