Se pure bugiarda la voce, non fu maligno il sospetto.
XII. Divenne pontefice Pio VI, già cardinale Braschi; e avvegnaché il re di Napoli aveva per ministri contrastata la elezione di lui, si fecero i due sovrani, dalle contese di Stato e di persona, doppiamente avversi. Vacò l'arcivescovato di Napoli, e 'l re lo provvide, benché a provvederlo pretendesse il pontefice; e comandò al prescelto di sopprimere nelle sue lettere le parole solenni: "Per grazia della Sede apostolica" a fin di evitare il dubbio che la Sede romana avesse partecipato alla scelta. Da tre secoli almeno gli arcivescovi di Napoli ottenevano la porpora cardinalizia, ma al nuovo arcivescovo la negò Pio VI, al quale fece il re scrivere che la ripulsa lo incitava a compiere la già meditata instituzione di un ordine ecclesiastico ne' suoi regni, spettabile per dignità e ricchezze, decorato anch'esso di color di porpora, nel fatto e alle apparenze più magnifico del collegio dei cardinali, soperchianza nella gerarchia. Ma non perciò l'arcivescovo ebbe il cappello, né il re fondò l'ordine. Poco dipoi il re nominò vescovo di Potenza Francesco Serao, dotto autore di molti scritti a pro delle giurisdizioni laicali, e notato giansenista dal pontefice, che rifiutò di sacrarlo; e non consigli, non minacce né preghiere bastarono a muoverlo dal proponimento; insino a tanto che a re scrisse farebbe in ciascuna provincia consecrare i vescovi nuovi da tre degli antichi, sì come prescrivono le sante e prime discipline della Chiesa.
XIII. L'anno 1776 leggero accidente partorì cosa memorabile. Usavano i re di Napoli, come è noto per le nostre istorie, presentare al papa in ogni anno la chinea (cavallo bianco riccamente bardato) e settemila ducati d'oro.
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