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      Il pontefice, dimandata la rivocazione del foglio, e non ottenuta, protestò in contrario. E sebbene da quel giorno fosse cessato il vergognoso tributo, egli nella festa di san Pietro ne faceva lamentanza e protestazione al Governo di Napoli. Anni appresso il re privatamente offerse settemila ducati d'oro senza chinea o cerimonia, come dono di principe divoto alla Chiesa; e il papa, rifiutandoli, dichiarò più che mai solennemente le sue ragioni, e la disobbedienza (così la diceva) della corte di Napoli.
      XIV. Le buone leggi di Giuseppe e di Leopoldo a pro dei popoli, narrate dalla fama, commendate da' sapienti, lodatissime dalla regina di Napoli, sorella di que' principi, stimolando a certa gloria per fin l'animo, svagato del re, agevolarono al ministro Tanucci e ad altri egregi del tempo l'erto cammino della civiltà. Erano in officio il Palmieri, il Caracciolo, e de Gennaro, e Galliani, ed altri dottissimi che ministri o magistrati diffondevano con l'autorità e l'esempio le dottrine della politica; mentre alle buone riforme preparavano la mente de' reggitori e l'animo de' soggetti, gli scritti del Filangieri, del Pagano, del Galanti, del Conforti, le lezioni (poco innanzi dettate) da Antonio Genovesi, maraviglia d'ingegno e di virtù, dottissimo e povero; e le accademie, le adunanze e per fino il semplice conversare. Perciocché il bene dello Stato essendo allora il tema della sapienza comune, l'aura di società circondava chi meglio ne ragionasse.
      Il discacciamento de' gesuiti diede materia e gara ad ordinare la istruzione pubblica; essendo impegno e debito del Governo superare il bene che i discacciati erano creduti fare. Ogni comunità salariò i maestri di leggere, di scrivere, d'abbaco.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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