I re che succederono agli aragonesi, trasandarono quegli ordinamenti, che poi Carlo Borbone richiamò, Ferdinando accrebbe, ma senza pro, giacché le altre parti di Governo ed i costumi universali non toccavano a quell'altezza; spesso il timore della vicina rinascente autorità chiudeva il labbro degli offesi da giudici disonesti, e spesso privata vendetta dava travagli al giusto giudice sol perché fu punitore di alcun prepotente. La buona legge produceva frutti non buoni, come libertà che sta sola in mezzo a moltiplici servitù.
XXII. Le cose di giustizia fin qui descritte sono degne di lode; dirò le contrarie. Duravano, come a tempi di Carlo, i giudizi criminali; e però lo stesso processo inquisitorio, gli stessi scrivani inquisitori, tortura e supplizi agli accusati; il criterio de' giudici arbitario; e le sospensioni contro loro, innanzi ammesse, oggi da nuova legge rivocate. Mantenuto il giudizio del truglio, anzi fatto più frequente, e peggiorato, perché non interrogata la volontà del condannato, né il suo consentimento necessario. Legge barbara puniva i ladri, detti "saccolari" dal rubar nelle tasche, con la tortura, "per prove benché indiziarie, con processo inquisitorio ancorché non compiuto, e non inteso l'accusato, né difeso": riferisco le parole della prammatica. Legge più superba prescrisse il rispetto alla reggia; così appellando tutte le case del re, le ville, le abitazioni di campagna o di caccia, gli atrii, le corti, le officine de' suddetti edifizi, comunque dal re non abitati: chi brandisse un'arma in que' -luoghi, pena la morte. Altra legge punì i Franco-massoni, chiamati così all'editto, agguagliandoli a' rei di maestà giudicabili dal tribunale di Stato con forma "ad modum belli"; e la pena, benché non espressa, era, per la qualità del definito delitto, la morte.
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