I disordini dell'azienda francese cominciati nei tempi di Luigi XIV, cresciuti sotto i re successori, erano sentiti gravissimi nel regno di Luigi XVI l'anno 1786, e bisognando a riparo d'imminente rovina scemar le spese, abolire o stringere i privilegi, accrescere le taglie comuni, si opponevano ora gli usi ed il lusso della reggia, ora la baldanza del clero e della nobiltà, ora il timore del popolo. Tutto dì, come suole nello scompiglio di uno Stato, mutavano i ministri, e la novità, sollevando il credito e le speranze, ristorava il tesoro pubblico: ma poco appresso cadevano più basso il tesoro, il credito, le speranze, il ministro. Il re chiamò a consiglio i "notabili": sette principi o regali, cinque ministri, dodici consiglieri di Stato, trentanove nobili, undici ecclesiastici, settantasei magistrati ed uffiziali, in tutto centocinquanta consiglieri. Convennero in Versailles al cominciare dell'anno 1787: il re, dicendo egli stesso voler seguire in quella adunanza l'esempio di parecchi re francesi, ed essere suoi disegni accrescere le entrate dello Stato, renderle sicure e libere, affrancare il commercio, sollevare la povertà de' sudditi, chiedeva a' "notabili" consiglio ed aiuto. Parlarono appresso il guardasigilli, laudando il re, e con diceria più altiera il controlloro del fisco Carlo Alessandro Calonne, inteso a discorrere i pregi e le opere del principe, le miserie dell'azienda nel 1783, la prosperità di lei nel 1787, e le proprie geste. Poi, minaccioso, rispondendo alle divulgate accuse del pubblico, tacciava di mentitori Terray e Necker, suoi predecessori nell'azienda, e conchiudeva proponendo inusate gravezze a' beni ecclesiastici e feudali. Spiacquero i discorsi e la tracotanza, sconvenevoli a' tempi, e peggio a' bisogni del re e dell'erario.
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