Un grande avvenimento in prospetto arrestò le brighe del presente; ogni fazione pose speranza in quella vasta assemblea; lo stesso re vi confidava per il dispotismo.
Tra la chiamata e l'adunanza i giorni scorrevano per ogni setta solleciti ed operosi; ma più poté la setta de' sapienti che, disputando le quistioni di Stato, palesavano ciò che è popolo ch'è monarca; dove risiede la sovranità; che sono nella nazione clero, nobiltà, Terzo stato; che sono nella signoria magistrati e tributi; qual è il cittadino, i suoi debiti, i suoi diritti; quanto debba valere nelle intenzioni delle leggi e nelle opere de' reggitori la dignità dell'uomo. Per le quali dottrine la Francia conobbe il suo meglio civile, e lo bramò. La libertà di quel tempo non procedeva oltre la monarchia; gli uomini medesimi che un anno poi furono caldi seguaci di repubblica, terminavano i ragionamenti e le speranze ad una Camera rappresentante, ad altre forme che nulla offendevano le ragioni e la grandezza del monarca.
Gli Stati generali rammentavano tempi difficili ma onorati. Di quattordici assemblee numerate dalla storia, cominciando dall'anno 1302 sotto Filippo il bello, sino al 1614 sotto Luigi XIII, una sola, quella del 1560, fu rumorosa ed inutile; le altre tredici apportarono al re quando soccorso avverso al pontefice, quando quiete nelle discordie della Famiglia, e talora forza contro i nemici, e spesso danari al fisco impoverito; ma non mai tra gli infiniti moti di tante affollate congreghe, la pace del regno fu sconvolta. De' quali esempi il re incorava, ed attendeva ad introdurre nell'assemblea personaggi che sostenessero le prerogative del dispotismo.
XXXVII. I deputati nel prefisso giorno adunaronsi a Versailles, divisi d'animo, perciocché la nobiltà ed il clero, prevedendo ne' precipizi dell'impero assoluto i propri danni, ormai dolenti della palesata resistenza nell'Assemblea de' "notabili" e ne' parlamentari, si avvicinavano al trono, come che timidi e sconfidati, ma risoluti di sostenere i propri diritti (così chiamando i privilegi) contro gl'impeti e la baldanza del Terzo stato, che veniva orgoglioso e potente di numero e di ragione.
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