Altri uomini eccellenti si palesarono, ma le glorie più grandi che succedettero, coprirono i loro onori; e di quel tempo restò solo in sublime, a spettacolo degli avvenire, il Mirabeau.
L'adunanza del 20 di giugno agitò il re e la Corte. Il re annunziò per messaggio che il posdomani parlerebbe a' tre stati uniti ad assemblea generale; e nel giorno seguente, chiamate numerose squadre di fanti e di cavalli, le accampò a modo di guerra intorno a Versailles e Parigi. Andò nel dì prefisso tra gli evviva del popolo al congresso; e, parlando superbamente, rivocati i decreti e per fino il nome dell'Assemblea nazionale, comandò la unione de' tre stati. Fu notato che disse: - Nessun provvedimento degli Stati generali aver forza senza il suo beneplacito. Giammai re quanto lui aver tanto fatto a pro del popolo. Egli solo saper fare il bene de' Francesi, sol egli (se abbandonato dagli altri) compirebbe l'opera cominciata; però ch'egli era il vero e il solo rappresentante de' suoi popoli. - In mezzo al qual discorso il guardasigilli lesse diceria nella quale si udiva spesso: il re vuole, il re comanda, ed altre frasi che la condizione de' tempi disdegnava. Poscia il re, dicendo fornite le bisogne di quell'adunanza, si partì, seguito da plausi e dalle persone de' due primi stati, dal silenzio del Terzo che restò nella sala a consultare; licenziato resisté; ed in quelle angustie di animo e di tempo decretò inviolabili le persone de' rappresentanti del popolo.
Crescevano il sospetto e 'l tumulto. II re, fastidito dei tiepidi consigli del Necker, lo mandò in esilio; altre milizie adunava intorno a Versailles; feste militari nella reggia concitavano le guardie; la regina irritava gli sdegni; l'annona, scarsa in quell'anno, più scemava; i moti civili turbavano la Francia intera.
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