Pure bramavano pace l'Assemblea ed il re; ma pace per l'una erano le nuove leggi, e un libero stato; pace per l'altro, la sommissione del popolo e l'antica pazienza; e però dal desiderio comune di quiete sorgevano le discordie. Gli animi, pronti a gran fatto, si mossero a Parigi appena udita la cacciata del Necker, tenuto sostegno della finanza, oppugnatore a' partiti estremi della tirannide, paciero tra l'Assemblea e la Corte. I popolani, alzati a tumulto, portando ad onore per la città il busto in marmo del disgraziato ministro, gridavano voci onorevoli a lui, minacciose al monarca; e le guardie svizzere, non sopportando lo spettacolo, fiaccata con l'armi la calca, ruppero il busto ed il trionfo. Trionfo indebito quanto l'esilio; avvegnaché il Necker, buono di animo, mezzano d'ingegno, vanitoso, non uguale all'altezza de' tempi, ebbe fama o patì sventure dalle necessità del presente: tre volte chiamato in Francia onorevolmente, e tre scacciato; ogni caduta compianta; l'ultima, come dirò, inavvertita.
Le tre assemblee, sino allora discordi, amicò il timore, si che, formate in una, mandarono al re pregando di allontanare i campi dalle due città, e armare le milizie cittadine a sostegno dello Stato. Rispose che i fatti di Parigi obbligavano anziché allontanare quelle schiere, avvicinarle ed accrescerle; che le milizie civili in quel momento farebbero pericolo; ch'egli saprebbe reprimere i popolari tumulti: egli solo potendo giudicare la gravezza de' casi. Le quali sentenze animose non risponderebbero al cuor debole di Luigi, se già gran tempo, per istinto di re, per deferenza a' voleri dell'amata e superba regina, e per malvagi consigli, non avesse in sua mente stabilito spegnere per la forza dell'esercito i desideri di novità; aspettare gli avvenimenti estremi per onestare l'eccesso di volgere l'armi contro i soggetti; cosicché le dissensioni nelle assemblee, i tumulti, gli azzuffamenti civili, agevolavano il mal disegno.
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