Imperciocché, scosso e poi spezzato il freno delle leggi, cadute le antiche autorità, quella del re dechinata, agevolato il salire alle ambizioni ed alle fortune, molti tristi, molti audaci congegnavano governo più largo, la repubblica. E, per la opposta parte, gli usi e i diletti del dispotismo, non mai scordati dai principi e da' grandi, suggerivano disegni di tirannide. Erano mezzi alle speranze de' primi le colpe e i disordini del popolo; e de' secondi, le trame occulte e gl'inganni della reggia: ambe le parti per parecchi indizi si palesarono.
Avvegnaché le guardie regali ne' due primi giorni di ottobre chiamarono a convito i reggimenti stanziati a Versailles, e nella ebbrezza si udirono saluti per il re e la regal famiglia, ingiurie o minacce per l'Assemblea nazionale e per i deputati più chiari, indicati a nome. Comparve il re, tornando da caccia; indi la regina e 'l delfino; e allora crebbero le voci, gli auguri, lo scandalo, la gioia. La regina ne' circoli, rammentando quelle allegrezze, premiava di doni e di laudi gli uffiziali più caldi a' voti, o più arditi ai disegni; le dame della sua Corte dispensavano coccarde bianche (segnale della parte regia); le guardie impedivano a chi portasse le tricolorate (le nazionali) ingresso al palazzo; e alcuni cittadini fregiati di quel nastro a tre colori erano stati nelle vie di Versailles e di Parigi dalle guardie del corpo battuti e uccisi. L'Assemblea, insospettita, mandò al re alcune leggi, pregando approvarle; e il re, che avea ripigliate le maniere di libera signoria, rispose non esser ancor tempo di approvar leggi. Correvano la Francia quelle nuove, peggiorate dalla fama e dal malevolo spirito di parte.
Quindi cresceva l'animo a' repubblicani.
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